Nyad – Oltre l’oceano

21 Giugno 202469/1005 min
Uscita
2023
Regista
Jimmy Chin, Elizabeth Chai Vasarhelyi
Paese
USA
Durata
121 min
Voto complessivo
I nostri voti
Regia
Recitazione
Sceneggiatura
Fotografia
Effetti speciali
Semantica
In breve
L'impresa narrata è grandiosa, il film grandiosamente mediocre; è merito delle due protagoniste se la pellicola si mantiene precariamente a galla. Consigliato se avete il mercoledì mattina libero.

È quel periodo dell’anno in cui chi ha un minimo di interesse per il mondo del cinema si affretta a recuperare tutte le pellicole candidate agli Oscar, sperando di prevedere i risultati e prendere la schedina della vita.

Ve lo assicura un veterano: “Nyad – oltre l’oceano” ha due candidature, ma non vincerà.

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Perché questo incipit nella recensione del film? Per due ragioni. La prima va da sé: scrivo quello che voglio; la seconda è che guardando il film si ha a più riprese la sensazione che l’intento sia quello di smuovere gli animi. Non del pubblico, si capisce, ma della giuria dell’Academy. 

Il soggetto narrativo è l’impresa oggettivamente grandiosa della nuotatrice e giornalista Diana Nyad (per un approfondimento sui suoi record aprite Wikipedia), che a più di 30 anni dalla sua ultima avventura decide di riprovare là dove da giovane aveva fallito: attraversare a nuoto i 177 km di mare che separano Cuba dalla città di Key West, in Florida. Gli ostacoli che rendono l’impresa ancor più ardua sono, in ordine sparso: cambiamento climatico (meteo e fauna imprevedibili, tra uragani improvvisi e cubomeduse là dove nessuno se le sarebbe aspettate), età della protagonista (oltre 60 anni), il rifiuto della stessa di adottare una gabbia anti-squalo per la traversata (in questo caso la fauna è meno imprevedibile delle meduse: è per eccellenza il mare degli squali), preferendo una barriera acustica virtuale per tenere i predatori lontani.

Le modalità narrative sono invece affidate a due archetipi del cinema: l’amicizia, nella fattispecie pluriennale, solida, schietta ed imprescindibile; la resilienza, intesa come capacità di saper resistere, adattarsi ed anzi trarre forza da più o meno antiche vicende traumatiche (guardate il film e capirete). 

Bastano questi due elementi a rendere il film più che valido? Secondo il pluripremiato critico cinematografico che ha scritto questo articolo, no.

Perché no? Perché a sostenere l’intera pellicola sono “solo” le magistrali interpretazioni delle due protagoniste, Annette Bening (Nyad) e Jodie Foster (Bonnie Stoll aka la sua allenatrice aka la sua migliore amica), che tuttavia non bastano a rendere l’opera più di quel che è: un godibile film per un lunedì sera post-cena quando Netflix ti ha già proposto un terzo dei film in catalogo a suon di trailer puntualmente ignorati. La regia a tratti si perde, la sceneggiatura non sempre è convinta di cosa stia raccontando, il tempo accelera e rallenta un po’ quando vuole.

Quali competenze ho io per dire tutto questo? Ovviamente nessuna. E allora?

Allora, notando con gioia che sta iniziando ad Hollywood la nuova era dei biopic (grazie Nolan), ci vado cauto e aspetto il prossimo, magari sarà buona la quinta.

Autore

Wes Cracker

Wes Cracker

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