- Uscita
- 2022
- Regista
- Damien Chazelle
- Paese
- USA
- Durata
- 189 min
Voto complessivo
I nostri voti
In breve
Il bambino Damien Chazelle frequenta la scuola elementare del quartiere dov’è nato, siede al banco vicino alla finestra e pensa ripetutamente a come diventare un musicista di talento. La maestra sottopone a lui e ai suoi compagni una traccia, chiedendogli un breve componimento scritto: che cos’è il cinema? Damien volge il suo sguardo verso l’esterno, percepisce la batteria rullare dentro la sua testa, sente in sottofondo la parola “azione” e… consegna il suo compito qualche anno dopo, scegliendo come titolo “Babylon” e chiedendo direttamente alle stelle del cinema di interpretarlo.
È così che mi piace figurare la nascita di questo film. Questa pellicola, infatti, incarna l’idea di cinema di Chazelle, o se vogliamo la sua idea di arte (che aveva già esplorato in Whiplash e in La la land), tanto che potrebbe essere ricordata come “Babylon di Damien Chazelle”, alla maniera dei quadri con i loro pittori. Quest’opera sfugge ai generi convenzionali, non lascia il sapore del film storico né del “saggio” e non si risolve, a mia interpretazione, neanche con un semplice omaggio, ma vuole piuttosto essere la rappresentazione dei sentimenti e delle pulsioni che la musa del cinema suscita nei suoi accoliti, in primis nel regista.
Per realizzare questo, il Ringo Starr del cinema contemporaneo sceglie personaggi con origini e caratteri completamente differenti tra loro e li colloca nella Hollywood degli anni Venti, in un momento cruciale per l’industria cinematografica: il passaggio dal cinema muto a quello sonoro. Queste personalità, che spesso sembrano macchiette, condividono il culto del cinema e l’aspirazione-passione di lasciare il proprio segno indelebile sugli spettatori e di essere ricordati per sempre.
Sulla base di queste premesse, il film o si ama o si odia. Come si intuisce dal titolo, è una Babilonia: nelle tre ore lo spettatore viene travolto dal ritmo incalzante di ciak, risse, feste e festini, inseguimenti ed eventi bizzarri di ogni genere che traggono linfa dagli eccessi dei protagonisti. Non c’è la consequenzialità del freddo noir e non vi sono complicazioni sentimentali “ordinarie”, piuttosto abbiamo l’esagerazione fatta fotogramma.
Contro il logorio della vita moderna
Poi ragazzi, se per voi è normale vedere un elefante che caca sui facchini che provano a trasportarlo a una festa, o una donna che viene morsa da un serpente velenoso e a cui viene aspirato con la bocca il veleno in corpo, o ancora una miniera abbandonata piena di gente losca e un alligatore da guardia, beh scusate, siete dei veri duri, avete vinto voi.
Se tutto questo (ammesso che si veda veramente nel film, chissà) vi disturba, passate oltre. Quello che posso garantirvi (con questa garanzia non ci comprate nemmeno una goleador, ve lo anticipo) è che accettando, viceversa, la sfida, non vi annoierete. È il teorema della cipolla di Shrek: devi sfogliarla per arrivare al cuore.
Parlando di cuore, nel film si ritrova euforia, vizio, solitudine, rassegnazione, depressione, ostinazione, nostalgia, amore… Tutto quello che serve per sintetizzare il mondo che è dietro alla parola “cinema”. E se proprio non riuscite a cogliere tutto ciò di cui trasuda la pellicola, ecco anche la colonna sonora a sfondo jazz di Justin Hurwitz, altra vera protagonista del film. Se si eccettua il fatto che ricorda troppo, ma solo in alcuni tratti, le musicalità La la land, per il resto è potentissima, segna il tempo della storia come un orologio svizzero, ha un “tema” principale che funziona a meraviglia e vi butta direttamente all’interno del freak show che vi trovate davanti.
Insomma, per citare un illustre autore di questa pagina, “’Tacci tua, Chazelle, non ne sbagli uno” (v. First Man).