- Uscita
- 2023
- Regista
- Paul King
- Paese
- USA, Regno Unito, Canada
- Durata
- 116 min
Voto complessivo
I nostri voti
In breve
Dall’irresistibile scioglievolezza dei maître chocolatier ecco a voi una nuova versione di Willie Wonka e della sua fabbrica di cioccolato, una saga più lunga di quella dell’ILVA.
Questa volta il film ci vuole raccontare le origini di Wonka: come è diventato l’Agnelli della cioccolata, come produce le sue leccornie magiche, da dove vengono gli Umpa Lumpa e se anche per loro si può parlare di violazione dei diritti umani. Quesiti tosti e interessanti le cui risposte il film si riserva di offrirvi, nel senso che alla fine non ve le darà.
Per essere precisi, il film vi racconta sì le vicissitudini che hanno portato Wonka al suo cioccolatoso successo, ma non vi parla di lui. Abbiamo un piccolo romanzo di formazione nel quale il nostro simpatico amichetto non impara nulla: l’ultimo fotogramma del film ritrae di fatto il Wonka di partenza. A “formare” realmente il caro Timothée in questo film non sono manco i Fremen di Dune, ma solo il suo desiderio infantile, condiviso con la compianta mamma, di aprirsi una cioccolateria in centro. Insomma, take it easy. Il resto lo fa ciò che vedete: un analfabeta ingenuotto che va in giro con ferri del mestiere creati da Tony Stark in persona – e di cui però non è dato sapere nulla – con un cappello contenente più terre rare di quelle del governo cinese – e qui forse sono informazioni classificate – e con poteri magici random che lo candidano di diritto ai prossimi provini per la nomina dello Stregone Supremo.
Ma soprattutto: canta. Senza fare spoiler, all’inizio del film il nostro Pinocchio si vede raggirato da due buontemponi cittadini che gli fanno sottoscrivere un contratto con delle clausole scritte piccolissime. Ebbene, le stesse clausole ve le ha fatte sottoscrivere la Warner Bros quando vi ha trascinato in sala senza dirvi che alla fine questo si sarebbe rivelato un musical. Canta lui, cantano tutti, cantano in continuazione. Non sono un amante dei musical, lo ammetto, ma le canzoni, quantomeno nella versione italiana (onestamente in lingua originale migliorano un pochettino), sono inutilmente eccessive, mancano di ritmo, spesso pure di rime, e sono ridondanti: ascoltate la prima canzone e utilizzate i successivi gorgheggi per fare finalmente quelle telefonate al gestore di luce e gas che rimandate da tempo. Insomma, le canzoni stimolano una certa produzione di palle di Mozart.
Ciò che comunque si mostra quantomeno piacevole è la costruzione degli eventi che circondano il nostro caro Jason Cocoa, che lotta per inserirsi nel mercato di questa città, soggiogata economicamente dalla Tim, dalla Vodafone e dalla Wind Tre del cioccolato e nella quale, come vedrete, la gente spende i suoi soldi per acquistare cioccolato e, al massimo, lavare i panni. Questa scelta mi è parsa in fondo azzeccata (intendo quella relativa alla sceneggiatura, non ai consumi di questi pseudo bavaresi), soprattutto grazie all’individuazione di personaggi pensati bene e che risultano divertenti (menzione speciale per il cardinale Rowan Atkinson e i suoi monaci ciocco-dipendenti).