- Uscita
- 2023
- Regista
- Paola Cortellesi
- Paese
- Italia
- Durata
- 118 min
Voto complessivo
I nostri voti
In breve
Viste portata ed eco del film in questione, mi assumo sin da subito la responsabilità di scrivere in qualità di uomo bianco e di dichiarare che questo film mette a dura prova lo stile di 70 mm che, a prescindere dall’opera, vorrebbe sempre essere adeguato a quegli smargiassi dei suoi fondatori. Lavate pilatescamente le mani, siamo pronti a entrare all’inferno.
Senza sbrodoloni inutili, di questa pellicola vorrei dirvi una sola cosa importante, perché è quella che mi ha segnato di più: è un prodotto culturale bello e buono. Fermi tutti, potenzialmente tutto è cultura e la definizione di prodotto culturale è una questione più sanguinolenta di quella palestinese, ma la testa questo mi ha detto e ora vi dovete fidare. Del resto, my blog my rules.
Sparo questa bomba perché ho percepito e apprezzato la “coltivazione” del film, che viene riprodotto sullo schermo bianco, ma in fondo agisce dall’inizio alla fine soprattutto sul piano intellettuale dello spettatore. Te lo godi perché è serio ma leggero, profondo ma divertente, a patto che si accetti l’unica cosa che la regista chiede: accendete quel cazzo di cervello. E quando nel pianeta delle scimmie in cui viviamo, stitico di pensiero, si riesce a coniugare metodo e contenuto, per me siamo di fronte a cultura.
È vero che potreste dire che la mia è un’iperbole e in qualche modo condizionata dal tema del film – la donna e il suo ruolo nel dopoguerra lungo che arriva fino ai nostri giorni – ma se vi dicessi che il film non è (solo) questo e tocca in realtà la dimensione civica di ciascuno di noi? Ce lo dimostra il suo epilogo, ma ce lo dimostrano anche le vicende narrate, che per lanciare un messaggio non fanno uso di donne che calcolano come poter andare sulla Luna, né di donne outsider e neppure di donne che vogliono dimostrare di essere uomini. Ma a ciascuno la sua opinione.
Venendo all’opera in quanto tale, mi risulta difficile trovare un elemento che proprio non mi sia andato giù. Forse perché il film mi ha emozionato e lo ha fatto sempre in modo garbato: si ride nei momenti giusti (mi piace l’idea di ridicolizzare talvolta i personaggi più bruti, un po’ come il buon Pif ne “La mafia uccide solo d’estate”) e ci si commuove senza bisogno di scene “strappa storia lacrime”, ma soprattutto si soffre in modo non banale, grazie anche a delle scelte stilistiche molto interessanti. Sagace è anche la scelta delle canzoni, che giocando su azioni, sul bianco e nero, sul contesto storico e sul progresso dei tempi diventano parte integrante della narrazione.
Alla fine non c’è neanche un attorello sconosciuto che voglia prendere il posto di Scamarcio, fanno tutti la loro porca figura, penso che l’unico problema ce l’abbia avuto Mastandrea, che dopo questo film si sarà preso almeno 50 denunce.
Che ce frega de Greta Gerwig, noi c’avemo Paola gol, Paola gooooool