American fiction

2 Aprile 202469/1004 min
Uscita
2023
Regista
Cord Jefferson
Paese
USA
Durata
117'
Voto complessivo
I nostri voti
Regia
Recitazione
Sceneggiatura
Fotografia
Colonna sonora
Semantica
In breve
Oscar per la miglior sceneggiatura non originale, la tragicommedia di Monk Ellison, scrittore afroamericano il cui stile non è ritenuto sufficientemente "nero", ci guida nei paradossi della società contemporanea, ma si perde al momento della loro piena rivelazione (e condanna).

American fiction è, senza troppi giri di parole, tra le idee potenzialmente più esplosive degli Oscar 2024 (esplosive non è inteso in senso letterale, lì “Oppenheimer” è inarrivabile).

Il film è il suo protagonista: un professore di colore che insegna letteratura e scrive romanzi di spessore, che però non compra neanche la madre. Perché? Perché lui non è abbastanza “nero”: non si piega al cliché della visione bianca del mondo che di fatto “confina”, anche per la complicità di altri letterati neri, la cultura afroamericana contemporanea in un mondo di slang, reati, infanzie difficili, rap etc. Allora decide di fottere il sistema dando ai bianchi il bestseller “nero” che bramano ardentemente.

Tu mi odi solo perché sono nero, Tom

Insomma, materiale a disposizione (la sceneggiatura non è originale, trae spunto dal romanzo “Erasure” di Percival Everett) per farne un film di qualità (e forse una statuetta dorata) ne abbiamo. Lo ammetto, dopo 15 minuti di questo film già mi immaginavo come un giornalista sensazionalista di turno a scrivere un pezzo sulla notte degli Oscar, “la notte in cui gli USA avrebbero rivalutato alcuni dei propri nemici storici: nazisti e comunisti, nativi americani, donne emancipate e neri”.

E invece non sarà così.

Realizzato probabilmente con le paghette liceali del regista (al suo esordio) e con un Jeffrey Wright protagonista di un’ottima immedesimazione nel personaggio, il film è oggettivamente carino, leggero, non prende mai una decisione tra commedia e dramma, fa veramente di tutto per piacere a tutti. Ciononostante, non riesce a eludere l’occhio critico del sottoscritto, uno che di cinema non sa nulla e che probabilmente avrebbe pure comprato il suo libro di merda.
In realtà, il film convince finché c’è un crescendo narrativo che costruisce la denuncia sociale di cui il protagonista si fa portavoce, ma poi scade un po’ nella farsa, nel tragicomico…cioè, a un certo punto entra in scena Adam Brody. Adam Brody, proprio quello della serie OC (“caaaaalifoooorniaaaa”)!

Capite bene che fa’ na cosa socialmente impegnata che sia seria fino in fondo con questi attrezzi è come farsi venire a prendere da Sgarbi dopo la lezione del corso di gestione della rabbia.

Autore

Jingle Welles

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