First Man – Il primo uomo

30 Gennaio 202480/1005 min
Uscita
2018
Regista
Damien Chazelle
Paese
USA
Durata
141 min
Voto complessivo
I nostri voti
Regia
Recitazione
Sceneggiatura
Fotografia
Effetti speciali
Colonna sonora
Semantica
In breve
Sommario

Ero sulla pagina Wikipedia di Damien Chazelle per leggere con frustrazione e risentimento l’ennesima biografia del trentenne di turno che ha raggiunto ogni traguardo che si era prefissato, quando mi cade l’occhio sulla filmografia e scopro sorpreso che, dei lungometraggi da lui diretti, me ne manca uno.

Apro Bezos Prime, lo cerco, lo trovo, osservo la locandina prima di premere play: Ryan “Ken” Gosling di profilo con indosso un casco aerospaziale.

Ho già capito tutto: in una calda Huston d’estate, un ingegnere jazzista con un maestro esigente e opprimente nonché apparentemente incapace di valorizzarlo, cerca disperatamente di aprire un club coronando così i propri sogni. Mentre realizza che “life is what happens to you while you are busy making other plans”, incontra l’amore della propria vita, che non sarà per sempre, se non in cuor suo, ma che lo tirerà fuori dal giro di festini orgiastici ai quali partecipa in compagnia di un blasonato attore, un arrivista apprendista ed una tormentata e sottovalutata attrice, vestiti da jet set losangelino degli anni ’20. Il tutto mentre lavora per la NASA e racconta la propria vita cantando. Il film è questo, non può essere altrimenti: premo play curioso della resa visiva della sinossi immaginata.

E Chazelle comincia letteralmente a prendermi a pizze in faccia: la pellicola è una narrazione genuina, umana e poetica dell’impresa di Neil Armstrong e della NASA che portò l’uomo sulla Luna il 20 luglio del 1969 (accannate a di’ che non è vero). Se il titolo poteva far pensare all’ennesimo atto di supremo onanismo americano, si dimostra essere esattamente il contrario; i protagonisti non sono gli americani e l’allunaggio, la NASA e l’ingegneria, la vittoria contro i russi (che per inciso vengono citati credo massimo due volte) e la white America vincente, ma un ingegnere collaudatore dell’Ohio decisamente poco interessato a scrivere la storia, ed invece impegnato a spendere ogni energia nel lavoro, anche e soprattutto per soffocare l’insanabile dolore della perdita di una figlia.

Il cast è in stato di grazia, la narrazione è lenta ma mai noiosa, la colonna sonora calza perfettamente ogni sequenza e gli effetti visivi sono sublimi. Le stesse scene d’azione non vogliono essere eroiche, ma sempre realistiche (o almeno credo, chi cazzo c’è mai stato nello spazio). Non vengono censurate le storie dei collaudatori scomparsi durante i test, e c’è perfino un accenno alle proteste per l’incredibile dispendio di risorse pubbliche che le missioni comportavano, quando gli USA vivevano la guerra in Vietnam, Kennedy, le lotte per i diritti degli afroamericani (dico “perfino” perché il film racconta malinconicamente dell’uomo Armstrong, non vuole essere un compendio di storia contemporanea).

Sorvolo sulla scena in sé dell’allunaggio, e sulle numerose allegorie che si possono rintracciare, mica sto qua a pensare al posto vostro.

Alla fine, come comincia, finisce, con gli occhi lucidi di Neil e della moglie, separati dal vetro della quarantena imposta dal rientro della missione, a ricordare per l’ultima volta, prima dei titoli di coda, che forse il film non parla della Luna.

‘Tacci tua, Chazelle, non ne sbagli uno.

Autore

Wes Cracker

Wes Cracker

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